La psicoterapia di gruppo

può essere vissuta come meno invasiva poiché il terapeuta non è concentrato unicamente su di una persona e la presenza di altri mitiga il confronto con la difficoltà individuale.

IL GRUPPO: regole - cura - potere - tempo e pensiero sognante

Ci sono molte occasioni in cui si fa ricorso al gruppo, quella della psicoterapia è una di queste: il gruppo rende la terapia di più facile accesso, si sviluppano aspetti importanti come l’apprendimento per similitudine, la solidarietà, la coesione… sembra utile una serie di riflessioni sul funzionamento e significato, senza complessi riferimenti bibliografici, ma simili a guide semplici per orientarsi in questo spazio particolare del prendersi cura.

Il gruppo di terapia rappresenta una alternativa, ma anche un complemento della terapia individuale. Come presentare il gruppo? Forse la cosa migliore è riportare alcune riflessioni, non sarà esaustivo, ma cercheremo di dare un’idea.

Le regole del lavoro di gruppo

Rispetto alle norme di puntualità negli orari e sincerità nei contenuti, che sono il presupposto di qualsiasi terapia individuale, nel caso della terapia di gruppo sono richiesti ad ogni partecipante ulteriori impegni:

  • Segretezza. Impegno a non divulgare quanto viene rivelato all’interno del gruppo, questo a tutela della privacy di ognuno.
  • Riporto. Viene richiesto di riportare le riflessioni all’interno del gruppo seguente quando, una volta concluso il gruppo, capitasse di parlare di quello che è accaduto con altri partecipanti, ma in assenza di tutto il gruppo. Fà eccezione la discussione dell’evento nella propria terapia personale.
  • Azione parzialmente sospesa. Poiché nello svolgimento delle attività potrebbero manifestarsi situazioni intense di riattivazione di episodi anche violenti, questi saranno fermati e spostati su oggetti, così da evitare rischi ai partecipanti.
  • Unità di spazio e tempo. Lo spazio del gruppo inizia e termina nei tempi concordati, se ci sono cose da dire o approfondire è necessario farlo in questo tempo, senza trattenersi ulteriormente con i conduttori.

Le regole sono utilizzate per ottenere il massimo da ogni seduta di gruppo e hanno lo scopo di garantire un “contenitore” sicuro. Altro uso è sicuramente quello di favorire la riflessione all’interno di un percorso psicoterapico o di crescita personale: il gruppo di terapia non è un gruppo di amicizia sebbene sia esperienza comune che le esperienze umane potranno essere molto gratificanti.

I rapporti esterni al gruppo non sono incoraggiati perché rischiano di inquinare la libertà di ognuno all’interno del gruppo, qualora dovessero esistere o nascere relazioni più significative sarà necessario informare i conduttori: le dinamiche di relazione sono potenti, possono essere molto utili ma anche molto dannose. Avere affetti è bello ma il gruppo di terapia è un luogo dove la libertà di espressione individuale è l’obbiettivo centrale.

La cura nel gruppo

L’esperienza di terapia di gruppo permette di promuovere l’assunzione di una posizione attiva nei confronti della propria difficoltà. È nel gruppo che possono essere rivissute e corrette antiche abitudini relazionali perché è dal gruppo (a volte quello primario – familiare) che provengono.

“Curare” deriva dalla radice di “cura”, “ku o kav”, che significa “osservare”; la radice sanscrita potrebbe essere “kavi”, “saggio”. Nella sua forma latina più antica si scriveva “coera” ed era usata in un contesto di relazioni di amore e amicizia; essa esprimeva l’atteggiamento di premura, vigilanza, preoccupazione nei confronti di una persona od un oggetto amati. La cura sorge dunque quando l’esistenza di qualcuno o qualcosa ha importanza “per me”. Si tratta di un modo di essere, un attributo della relazione che teniamo con noi stessi o con gli altri. Difficile pensare ad un contesto migliore di quello del gruppo per esercitare cura di sé e la guarigione.

E. Poli, Anatomia della Guarigione

Il potere nel gruppo

Potere è di fondamentale importanza per raggiungere la salute o la guarigione. Il senso di impotenza determina una riduzione dell’autostima e abbassa l’energia della persona, riducendone la salute.

«Essere nelle condizioni di prendere una decisione e saperlo fare, avere interiorizzato la capacità di generare energia interiore e risorse emotive, essere confidenti nella propria autosufficienza e in grado di automotivarsi, comprendere profondamente che la cura di sé è una priorità e che i propri sistemi energetici sono collegati alla consapevolezza e all’equilibrio emotivo, questo è il genere di potere a cui mi riferisco»

E. Poli, Anatomia della Guarigione

La possibilità di percepirsi “protagonista” è uno degli elementi presenti nel gruppo terapeutico: questo permette di mettersi nel ruolo attivo e di aumentare la consapevolezza dei propri bisogni emotivi e dei copioni con i quali si è scritta la propria vita, in modo da poterla anche riscrivere.

È grazie al confronto e al sostegno del gruppo che può essere scoperto il fascino e il brivido della capacità di scegliere. Ogni persona non dipende solo da qualcosa che è al di fuori del proprio controllo, ma in relazione con il gruppo ed il terapeuta, sceglie, ricostruisce, affronta ed infine afferma sé stessa.

Nel soffio di una carezza, il pensiero sognante (il tempo nel gruppo)

Molto spesso o troppo raramente ci concediamo di sperimentare quella sensazione piacevole di ascolto che è rappresentata dal “pensiero sognante”. Il termine si deve a Wilfred Bion, uno dei primi psicanalisti che ebbe ad occuparsi della terapia nei gruppi.

Nel soffio di una carezza il pensiero sognante: non so se esista una coerenza nella frase, ma nel sogno tutto esiste. Il pensiero sognante è uno stato che adoro sperimentare quando ascolto qualcuno, non saprei dire a chi da più beneficio, se a chi è ascoltato o a chi ha l’a possibilità e l’onore di poter ascoltare.

Ascoltare significa aver tempo da dedicare agli altri. Il tempo è un tempo senza tempo, la nozione cronologica non ha alcun senso. Il tempo stesso si trasforma in spazio, lo spazio da dedicare a chi parla. In definitiva forse un atto d’amore, l’amore di cui parla Erich Fromm, dove l’oggetto non è il motore dell’atto di amore. L’amore del dono, amare non tanto per attrazione ma per scelta. In definitiva questo è forse lo scopo della cura nel gruppo: sperimentare la possibiltà di poter alimentare la propria capacità di amare.

Altre informazioni

Gabriele GiacomelliSimone Bacherini